Ne parlano tutti.
Pare che costerà due milioni (iva non compresa) e non tre soldi l’opera a lungo vagheggiata dal giovane e rampante scultore lombardo Edoardo Tresoldi per essere collocata nello spazio lasciato vuoto dai nostri illustri antenati accanto alla cattedrale di Santa Maria Assunta. I Nove reggitori della Città dovettero infatti arrendersi alla pestilenza e alla crisi economica e interrompere l’ambiziosissimo progetto del Duomo Nuovo, il più grande della cristianità.
Quale sfida (dopo la serie costante dei fallimenti) poteva essere allora più appetibile di questa per i nostri governanti attuali per passare alla storia? Riuscire addirittura laddove i Nove dovettero cedere.
Non è la prima volta che si tenta di realizzare a Siena qualcosa che possa sollevare il nostro tempo misero e inadeguato rispetto alle glorie e agli splendori passati. Ma anche progetti ben ponderati, valutati e discussi e che avevano visto il coinvolgimento di varie componenti della società senese, come la cosiddetta “Pera” di Tony Cragg e la “Torre” di Cildo Meireles all’Orto dei Pecci, hanno avuto una fine ingloriosa nel generale disinteresse, evidentemente perché ritenute incapaci, a torto o a ragione e malgrado la consolidata e altissima fama degli autori, di colloquiare adeguatamente col passato.
Hanno avuto invece buona accoglienza e concreto successo altri interventi che hanno saputo meglio inserirsi nelle pieghe di un tessuto urbano tanto fragile e ricco, come la “Lupa” di Vangi sulla colonna di Piazza Postierla.
Con ogni probabilità non se ne farà di nulla, tanto meno nei tempi prospettati. L’esperienza maturata dal Tresoldi a Reggio Calabria, dove le sue venti colonne erette davanti allo Stretto hanno presto ceduto alla forza del vento, ci ricorda come, tanto più un’opera è ambiziosa (e questa sembra coerente con certa megalomania di regime), tanto più ha bisogno di lunghi tempi di preparazione e, magari, di una buona dose di condivisione da parte dei cittadini a cui l’opera stessa dovrà poi, se non “insegnare”, almeno comunicare qualcosa.
Poi farà la fine della ” goccia ” di Tony Cragg ” relegata in un orto ” Orto dei Tolomei ” dove la vedono solo i proprietari dei cani che usufruiscono dell’ area di sguinzagliamento.
D’ accordissimo aiutare gli Artisti ma prima con i soldi a loro destinati cerchiamo di tenere bene la nostra Città che fa acqua da tutte le parti !
Pur riconoscendo il valore, la bellezza e la suggestione che riesce a dare questo giovane artista, ritengo che le valutazioni da fare siano molteplici, ma una in particolare sorge spontanea: è un opera permanente..? Credo di sì, considerando l’elevato impegno esecutivo che comporta.
Il secondo aspetto che ne consegue riguarda il tema dell’identità del luogo modificata dall’opera. Conoscendo il pensiero dell’artista, in questo caso mi chiedo se non sia necessario lasciare invece questo spazio come è attualmente: ricco di suggestioni e rimandi storici che fanno parte della città e come tali devono essere salvaguardati da nuove interpretazioni. Non a caso questo spazio ha assunto la definizione di ‘PIAZZA JACOPO DELLA QUERCIA’, proprio per il suo “mancato sviluppo architettonico”. Non risulta quindi un “vuoto” (assenza) da ridefinire, ma è un luogo oramai con una propria qualità del “non finito” e come tale risulta suggestivo.
In questo contesto, l’opera che potrà realizzare Edoardo Tresoldi potrebbe risultare sicuramente di forte “spettacolarizzazione”, alterando tuttavia il fascino e la forte definizione che questo contesto ha assunto nel tempo. Questa città parla da sola attraverso la propria architettura e non ha bisogno di operazioni eclatanti. Maurizio Piochi