La recente sentenza di condanna dei contradaioli riconosciuti responsabili dei “fronteggiamenti”
è stata giustamente commentata dal mondo delle Contrade, ma non solo, con toni di severa preoccupazione. Anche il Rettore del Magistrato, Benedetta Mocenni, è intervenuta sull’argomento.
Una sintesi ben argomentata ci è sembrata quella di Roberto Martinelli, già rettore del Magistrato
che ha rivolto al Giudice una lettera aperta pubblicata da “Sunto” :
Egregio Sig. Giudice, lei ad un certo momento si è avvicinato al punto che conta quando ha richiamato l’opera diplomatica svolta dai Vigili Urbani, ma ne ha parlato come un atteggiamento negativo rispetto al comportamento muscolare che a suo dire la Polizia Municipale, magari in tenuta antisommossa, avrebbe dovuto tenere nell’occasione… Vorrà convenire che in occasione di confronto-scontro l’azione diplomatica per impedire o limitare episodi negativi di regola c’è, qualunque siano i soggetti tra i quali si svolge. Il fatto è che nel Palio tale azione diplomatica non viene decisa volta a volta a seconda dei casi, ma è un’azione pensata e seguita da tempo come quella che è più in grado di valutare e indirizzare positivamente le situazioni. E’ un modo di gestire l’ordine pubblico “ai tempi del Palio” adottato perché ritenuto e riscontrato essere il più idoneo nei casi di cui si tratta.
E questo anche perché tale comportamento dei Vigili Urbani è conosciuto e accettato dai contradaioli che per tale motivo mostrano il rispetto ad essi dovuto.
Detto altrimenti: i Vigili Urbani sanno benissimo cosa talvolta può succedere nell’immediato dopo-palio e all’occasione sanno di conseguenza come comportarsi. Da parte loro i contradaioli conoscono bene funzioni e comportamenti dei Vigili Urbani. Quindi, per quanto riguarda i contradaioli , il loro non è “atteggiamento volto ad impedire, intralciare o compromettere la regolarità del compimento dell’atto di ufficio o di servizio da parte del pubblico ufficiale”; e per quanto riguarda i Vigili Urbani non v’è “alcuna condotta passiva” ma al contrario un atteggiamento responsabile nei tempi e nelle modalità di svolgimento, teso ad impedire che certe situazioni abbiano a sfociare in un pericolo sociale. Gli uni, anche nei momenti di maggiore vivacità, e gli altri, nell’esercizio consapevole del loro compito, seguono quindi canoni individuati da tempo e ad essi si attengono. Salvando, in tal modo, anche l’equilibrio del grande gioco del Palio.
Così Martinelli prosegue
Il Palio è un fenomeno complesso che ha dietro di sé secoli di storia. E’ stato osservato (Laura Vigni) che “se oggi il Palio rimane tema di attualità lo dobbiamo in prima battuta alla singolare intuizione delle antiche istituzioni senesi che da quel lontano 1659 decisero di assumerne direttamente la direzione”. L’inizio cioè del passaggio da una organizzazione privata ad una organizzazione pubblica della Festa. Passaggio confermato in occasione delle riforme introdotte dai Lorena allorché, nel 1786, le antiche Magistrature senesi vennero soppresse e sostituite con la Comunità Civica che “ebbe un Regolamento nella sostanza simile a tutti gli altri Comuni del Granducato pur conservando la particolare attribuzione di competenza sulle corse dei palij”. Competenza che legittimamente resta tutt’ora. Anche la giurisprudenza, sia amministrativa che ordinaria, ha riconosciuto l’unicità e l’originalità della Festa del Palio.
A tale proposito Martinelli ricorda che
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Il TAR della Toscana, con sentenza 12 luglio 1989 n. 572 … ha affermato che “l’ordinamento generale si pone in una situazione di indifferenza per come il gioco [cioè il Palio ] viene organizzato, così che è da escludersi in merito la possibilità di un intervento del giudice”. Afferma dunque il giudice amministrativo che l’ordinamento del Palio può considerarsi un tipico ordinamento della Comunità senese al quale va riconosciuta una propria autonomia rispetto alla disciplina di diritto statale degli enti locali. Commentando la sentenza il prof. Paolo Barile scriveva che “a Siena esiste una porzione di privilegio che sfugge al diritto statale: la comunità cittadina ha indubbiamente il carattere di una comunità parzialmente autoregolantesi (nel richiamo originale ed eccezionale, se vogliamo, all’art. 3 della Costituzione, che protegge le formazioni sociali dove di svolge la personalità dell’uomo)”.
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Il Tribunale di Siena, con sentenza 8.6.93 n. 73, ha osservato che “A Siena la struttura delle Contrade ha favorito l’aggregazione e la solidarietà contro l’isolamento e il rifiuto della società. Alla tradizione contradaiola e paliesca non è estranea una forte tendenza alla competitività, che talora si manifesta sotto forma di episodi violenti, sia pure circoscritti nel tempo e nelle occasioni. Spesso si tratta di confronti tra gruppi di contradaioli in cui più che vera violenza si ha esibizione di spirito combattivo, quasi un rito di iniziazione per i più giovani, e una affermazione di vitalità per i meno giovani. La tradizione permette tali sfoghi quasi rituali da cui non derivano rancori duraturi, ma spesso addirittura il rafforzamento di amicizie e di legami. Trattandosi alla fin fine di reati, non può affermarsi che si tratti di comportamenti positivi, ma è un dato di fatto che tali illeciti penali non giungono, di norma, alla cognizione delle autorità proprio perché la tradizione cittadina non li riconosce per tali: e per questo, e non già per un malinteso senso di omertà, li nasconde. La competitività insita nel Palio è di per sé fortemente positiva”.
E si arriva così alla conclusione
Egregio Sig. Giudice, anche da questi brevi accenni non potrà non convenire o ogni caso riflettere sulla natura e sulle caratteristiche proprie del fenomeno Palio, i cui effetti da secoli non si sono limitati alla organizzazione della Festa ma hanno avuto (ed hanno tuttora) un significativo impatto sull’intera comunità cittadina. E’ un fenomeno che ha portato eminenti studiosi ad occuparsi del Palio la cui bibliografia — ricordiamolo — è amplissima e di grande valore scientifico. Tutto questo per dirle che il fenomeno Palio si aspetta, direi legittimamente, che chiunque sia chiamato a valutarne l’insieme o alcuni aspetti particolari (anche pubbliche istituzioni statali e cittadine) non ometta di tener conto delle sue specificità che ovviamente si riflettono nei fatti e nei comportamenti.
Sappiamo che sono in campo proposte di innovazione legislativa e, naturalmente, la sentenza potrà essere appellata. Ma, in ogni caso, ci è sembrato doveroso ritornare sulla relativa AUTONOMIA delle Contrade, istituzioni dotate di un proprio territorio e di un popolo e, dunque, meritevoli di particolare attenzione come meritano i fenomeni consolidati della tradizione.
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ATTENZIONE che, ahimè, non vediamo applicata, non solo da parte degli organi giudicanti, ma nemmeno dall’ Amministrazione comunale che, della tradizione, sarebbe il massimo custode. Ci si riferisce all’istituzione del cosiddetto
GRUPPO VOLONTARI DI POLIZIA URBANA.
Vediamone i dati essenziali.
Con la deliberazione del 29 maggio 2025 il Consiglio comunale approva il Regolamento di polizia locale (da non confondersi col Regolamento di polizia urbana di cui ci siamo già occupati per contestarne risolutamente i contenuti autoritari, prodromi della decisione di armare i nostri vigili urbani: il primo riguarda le normative relative all’attività del Corpo dei VVUU, il secondo disciplina i comportamenti dei cittadini e stabilisce le sanzioni).
Tale Regolamento di polizia LOCALE , all’art. 56, istituisce dunque il Servizio Volontari Polizia Locale con queste testuali parole:
In seno al Corpo di Polizia Locale di Siena è costituito il Gruppo dei Volontari della Polizia Locale della Città di Siena che ha per oggetto la costituzione di un sistema di sicurezza delle aree comuni della Citta e il potenziamento del servizio di vigilanza nei pressi dei plessi scolastici, al fine di prevenire e ridurre situazioni di pericolo durante l’entrata e l’uscita dalle scuole degli alunni .…
Questi, e questi soltanto, sono i compiti assegnati, che, in tante realtà e da un bel po’ di tempo, sono anche definiti, con felice e accattivante definizione “UN AMICO TRA I BAMBINI: I NONNI VIGILI”
Poi il Regolamento si concede un po’ di superflua propaganda aggiungendo il sermoncino conformista sulla partecipazione (come se non fosse chiaro che il Volontariato è di per sé partecipazione):
… In tale contesto si vuole inoltre dare l’opportunità alle persone coinvolte nel progetto di una partecipazione attiva alla vita sociale e culturale della comunità locale in cui essi vivono, recuperandone le esperienze di vita.
A sua volta il DISCIPLINARE del Gruppo
ribadisce che i Volontari sono addetti ad un’unica attività, quella, appunto, della “vigilanza nei pressi dei plessi scolastici”.
E poi, con l’evidente finalità di lisciare il pelo a chi vorrebbe sistemi autoritari e illiberali di sicurezza, in pratica alla grandissima parte dei loro elettori, le forze politiche di maggioranza compiono la seconda disonesta azione propagandistica, quella più grave perché, alla stampa, che non controlla e abbocca, si fa sapere che il Corpo Volontari di polizia urbana si occuperà di
“CONTROLLO, DISSUASIONE E PREVENZIONE DI EVENTUALI COMPORTAMENTI ILLECITI ”
che sono esattamente i compiti assegnati alle celeberrime ronde cittadine
Ma torniamo alle Contrade. Il bando emesso dal Comune per la raccolta delle iscrizioni al Gruppo Volontari spiega che possono iscriversi non solo tutti i cittadini over 18, ma anche le CONTRADE (come tali) “tramite i propri ORGANISMI interni e di rappresentanza”; insomma una partecipazione ufficiale e istituzionale. In tal modo, se le Contrade dovessero accettare questa logica, potremmo avere davanti alle scuole, più che i “nonni vigili amici dei bambini” o, comunque, cittadini registrati in elenchi e che hanno seguito corsi di formazione, gruppi contradaioli organizzati dalle loro stesse Contrade che hanno accettato di iscriversi al Gruppo dei volontari di polizia urbana.
Restiamo francamente senza parole … perché quelle che ci vengono in mente sono oggettivamente offensive: ognuno tragga le proprie considerazioni e conclusioni.
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Piuttosto cerchiamo di non sottovalutare un aspetto che nessuno, ancora, ha ritenuto di sollevare.
La criticata sentenza del Tribunale senese che ha condannato i contradaioli per i fronteggiamenti si è basata sulle norme vigenti al momento dei fatti e non certo sulle normative certamente assai più severe del cosiddetto
DECRETO (o pacchetto) SICUREZZA
testé convertito in legge dal Parlamento.
Proviamo a dare un’occhiata per vedere cosa potrebbe succedere ai “fronteggiamenti” perché con questa novella legislativa sono stati inseriti nuovi reati e sono aumentate drasticamente le pene con le seguenti disposizioni
- art. 12 : danneggiamenti in occasione di manifestazioni pubbliche (mettiamo che, in un fronteggiamento, si rovini una delle staccionate di piazza o un palco)
- art. 13: accesso alle aree adibite al trasporto pubblico locale
- art. 14 : ostacoli alla libera circolazione su strada
- art. 19 : resistenza a pubblico ufficiale (magari un vigile urbano, ora debitamente armato, potrebbe discostarsi dai comportamenti usati finora dal Corpo)
- art. 20: lesioni personali ad un vigile urbano, comprese quelle lievissime (come un graffio che guarisce in tre giorni)
- art. 21: i vigili urbani potrebbero essere dotati (oltre alle armi) anche di dispositivi di videosorveglianza personale (che potrebbero documentare immagini sfuggite alle telecamere
- art. 22: integrale tutela legale dei vigili urbani
- art. 24: deturpamento e imbrattamento di beni mobili e immobili: occhio Contrade, le pene sono aggravate e severe…
Insomma, in futuro, in base alle leggi di questo Stato democratico e dotato della più bella Costituzione del mondo, nata dalle rovine della seconda guerra mondiale, dall’antifascismo e dalla Resistenza, potrebbe andare anche molto, ma molto peggio.