Se un blog vuole essere collegiale e plurale, cioè non uno strumento di gratificazione individuale, ma di partecipazione collettiva, di “comunità”, avrebbe bisogno non solo di “articoli”, cioè di argomenti “pubblici” come contenuto e come provenienza, ma anche di commenti. E i commenti, come si vede, scarseggiano.
Ora dobbiamo considerare che le nostre statistiche, rigorosamente anonime, ci dicono che, dai primi di luglio alla fine di agosto, abbiamo avuto, in totale, 1744 visite con una progressione che, partendo da una ventina dell’inizio, è arrivata a 199 il 25 agosto: non sono dati eclatanti, ma, insomma, indicano che stiamo interessando un numero crescente di cittadini senesi.
Siamo soddisfatti? No. Il nostro compito è di produrre dibattito, possibilmente plurale e il dibattito langue. Tuttavia, se i commenti (scritti) non arrivano ancora nella quantità sperata, arrivano quelli verbali.
Alcuni dicono: i vostri articoli sono lunghi.
E’ vero? Ecco una domanda da rivolgere direttamente a chi ci legge. E la domanda ne pone un’altra: ha senso sacrificare chiarezza e completezza dell’esposizione alla brevità?
Un’altra ricorrente osservazione è che gli articoli “equilibrati” e “corretti”, quelli che pongono problemi senza forzature e che non partono dall’idea di fare scandalo per forza, o che non solleticano il gossip, non provocano sufficiente attenzione e non sollecitano interventi.
L’osservazione, tra l’altro, si riferisce indirettamente alla fortuna e al successo che i blogger senesi hanno avuto fino al 2018, data della loro autosospensione o autosoppressione. Da un certo momento i fustigatori di costumi si sono fermati come se, ormai, tutte le questioni fossero magicamente risolte. Magari.
Noi non vogliamo fare confronti espliciti su chi fa male, né su chi fa peggio, ognuno valuti con la propria testa. Però vogliamo fare un’affermazione netta: se la città avesse potuto contare sull’azione coerente di una forte comunità monitorante di cittadini che pretendono di partecipare per il bene comune e che non delegano il loro potere democratico alle istituzioni o ai partiti, molti gravi misfatti si sarebbero potuti evitare e si sarebbero quantomeno contenuti i terribili danni che abbiamo dovuto subire.
La partecipazione é un’abitudine che si coltiva nel tempo. In certe realtà, con relazioni sociali complesse, gruppi di potere molto forti, “non esporsi”, anche quando non costi nulla, diventa retaggio culturale, abito mentale. È interessante notare invece che l’argomento Palio riesce ad avere anche l’effetto benefico di suscitare commenti e reazioni in quantità. Allora non si tratta della complessità o della lunghezza dei post ma di riuscire a muovere passioni in “territorio protetto”, dove il senso di appartenenza è forse il più genuino, viscerale. Questo mi ha sempre fatto sperare in bene, ci vuole pazienza, allenamento e un po’ di coraggio.
i lettori del blog possono essere frenati nel commentare dalla inveterata abitudine di non esporsi o invece dalla difficoltà per molti di intervenire su temi complessi e talvolta trattati nel blog con linguaggio tecnico? Più facile il commento caustico e magari lapidario, e comunque con linguaggio “quotidiano” su un breve post su Facebook.… naturale la reticenza a intervenire invece quando la risposta richiede una competenza e un linguaggio più “alto”… io stessa mi sono dovuta fare coraggio sapendo di essere sottoposta a “giudizio”…
Ecco un commento che pone a mio avviso aspetti fondamentali: la differenza tra la “noncuranza” con cui si possono affrontare i social destinati a vita brevissima (immani e continui gli sforzi di fb di rammentarci i ricordi passati) rispetto al blog che resta nel tempo, il problema del rapporto tra competenza (ovvero anche specializzazione) e partecipazione (da sciogliere semplicemente affermando comunque e sempre il primato della partecipazione; meglio rischiare qualche errore che tacere sempre), il tema della “responsabilità” e, dunque, di un minimo di impegno e di rigore negli interventi. Grazie Patrizia.
(risposta di Luciano)
“3 pensieri su” non sarebbe stato meglio e meno provinciale (non c’è provincialismo peggiore di quello che aspira a sprovincializzarsi) di “3 thoughts on”?
Abbiate pazienza ma sono ormai psicotizzato dalla progressiva sostituzione della nostra lingua con “guella del Badrone Biango ghe sda di là dal mare”.
una simile questione, aggiungo, non potrebbe avere un adeguato spazio nella vostra “battaglia”?
Si, sarebbe stato assolutamente meglio, molto meglio. E cercheremo di farlo. Cercheremo… perché quella frase è venuta lì automaticamente utilizzando (come quasi tutti) procedure wordpress. Grazie comunque, anche se non aspiriamo a sprovincializzarci.