Già condottiero unico locale di Fratelli d’Italia, Enrico Tucci, è apparso, nelle sue vesti di assessore comunale, come quello più attento e accorto. Rispetto alle colleghe e ai colleghi, si vedeva che tendeva a porsi su un gradino superiore e tale da garantire un tot di autorevolezza; anzi la sua figura richiamava in qualche modo reminiscenze somatiche di tutto rispetto che riportavano, seppure in piccolo, ad una sorta di Richelieu de’ noantri
Ciò, con ogni probabilità, gli aveva consentito, per esempio, di uscire (quasi) indenne dalla figuraccia delle navette turistiche (poi abolite) che lasciavano impietosamente i turisti in piedi sotto il sole nel parcheggio del Campino della Fortezza o di poter affermare che le procedure del concorso di SIGERICO spa, vinto dal suo stesso presidente, erano state regolari.
Oddio, a dirla tutta, non siamo mai riusciti a dimenticare le sue ammonizioni in campagna elettorale allorché aveva spiegato in TV che Siena avrebbe avuto soldi e attenzioni dal governo Meloni solo se avessimo votato per loro; poi tutti hanno dovuto prendere atto che la minaccia, espressa, lo riconosciamo, in punta di fioretto di richeliana memoria, sarebbe rimasta tale e non avrebbe portato alcun risultato concreto; anzi, è notizia di questi giorni che il governo ha tagliato il 70% dei finanziamenti per la cura e la manutenzione delle strade provinciali (come se non ne avessero bisogno) in modo da non far sfigurare, nel confronto, quelle piuttosto malandate del Comune di Siena.
Questo è avvenuto finora, ma oggi assistiamo a qualche novità. Così vediamo da un po’ che l’assessore, che ambisce a passare da comunale a regionale, si deve essere determinato ad abbandonare quell’aria serafica e soddisfatta che si era ritagliato, per cominciare a dimenarsi come mai era successo.
Prendiamo il caso dello sciopero dei tassisti. Tucci ha dichiarato (lo riporta Radio Siena TV) che
“non tutti i tassisti hanno scioperato in realtà, perché oggi erano abilitati alla Ztl, non solo le otto targhe dei tassisti auto precettati, ma altre 15 targhe di tassisti che sono venuti regolarmente al lavoro”.
La replica dei tassisti è arrivata sulle colonne della Gazzetta di Siena: “l’assessore
ha detto che quindici taxi non hanno aderito, ma è una falsità, i tassisti che non hanno preso parte allo sciopero sono sette, massimo otto”.
Di fronte alla parola “falsità” (dovete sapere che Tucci, che mai risponde alle nostre critiche né alle domande, ci ha rimproverato in privato di raccontare bugie senza peraltro motivare o entrare in particolari), egli ha scritto nella propria pagina Facebook
In buona sostanza il nostro governante si prodiga a dimostrare che la sua dichiarazione, secondo la quale “quindici tassisti non hanno scioperato” non sarebbe falsa, come reputa Sanò, ma inesatta.
Ora noi non vogliamo sapere se, in questo specifico caso, si sia di fronte a falsità o ad inesattezze. Tuttavia siamo dell’avviso che, nella nostra lingua, il termine “inesatto” si può usare per definire un errore non voluto, mentre la parola “falso” indica un’intenzionale invenzione rivolta a far risultare una cosa diversa da quella reale. Ecco, siccome Tucci, come assessore della specifica materia, dispone sicuramente della conoscenza di tutti i dati reali, ci assale il dubbio che possa avere raddoppiato di proposito il numero dei non scioperanti; in tal caso non si tratterebbe del classico errore — di calcolo o disattenzione — ma di una intenzionale distorsione del vero.
Ma lasciamo perdere la diatriba dei significati letterali. Quello che preoccupa, e non poco, è che, di fronte all’ammissione dell’Esponente comunale che i dati giusti sono quelli indicati dai tassisti, si possano pretendere pubbliche scuse, riservandosi, se del caso, il ricorso alle aule giudiziarie.
Guardi assessore che, a nostra memoria, cose simili non sono mai accadute: l’amministratore ricopre una posizione di potere e di conseguente responsabilità e il senso dello Stato consiglierebbe moderazione istituzionale e prudenza.
E poi, scusi se ci permettiamo, se richiede le scuse da chi dice la verità, come potrà mai accettare la critica politica consentita e protetta dagli ordinamenti che, da oltre due secoli, hanno progressivamente sostituito, almeno da noi, l’assolutismo e il delitto di lesa maestà?