E’ apparso ieri sul Corriere di Siena un articolo dal titolo netto e definitivo: “Il civismo non è la risposta alla crisi della politica “. Leggendo il titolo verrebbe da pensare: mira, ci sono state ora le amministrative, questa è l’edizione senese, magari si parla del risultato che ha fatto vincere Nicoletta Fabio. Macché, voi lo leggete tutto nelle sue cinque colonne con estrema attenzione e non trovate accenni a Siena, né ad altre elezioni se non alle future.
Poi vi domandate per prima cosa chi sia mai questo giornalista che firma il pezzo: Giorgio Raggi non è una firma usuale del quotidiano. Non è popolare a Siena, ma nemmeno sconosciuto. Eletto nel 1976 sindaco cattocomunista di Foligno a 25 anni, dopo un’importante carriera politica, come è avvenuto per molti amministratori del PCI (e seguenti) che diventarono imprenditori e banchieri (l’elenco sarebbe fin troppo gremito) passò al settore produttivo: lui si contentò di diventare presidente della Coop Centro Italia e, in questa veste, si è visto talvolta anche a Siena prima che le Grondaie venissero assorbite da Unicoop Firenze.
Definito dal Fatto Quotidiano (ottobre 2013) “lo Zar umbro della Coop”, subì una condanna per avere diffamato dei dipendenti. E’ andato in pensione nel 2018, affermando di volersi dedicare ai giovani (sic).
Interessante un’intervista di quell’anno rilasciata alla Gazzetta di Foligno https://www.gazzettadifoligno.it/2018/07/15/intervista-a-tutto-campo-con-giorgio-raggi/?fbclid=IwAR0Oq8fr9KIR1rgtxd48pq2gr2tiqmxpZxrTCBPS4pE71kHDT1abon1IUJc
Delineato il personaggio attraverso le sue opere e superato un leggero moto di meraviglia per avere constatato che, con questo cursus honorum, scriva per un quotidiano che ha supportato e supporta costantemente il centrodestra senese, vuoi che si presenti col volto dell’amministrazione De Mossi, vuoi che si aggiorni nella versione alla Nicoletta Fabio, possiamo passare al tema del suo articolo, nel quale, dopo avere vantato recenti studi universitari e premesso che non intende recare offesa ad alcuno, Raggi inizia con una dotta citazione ripresa dal Dizionario di politica di Norberto Bobbio (voce “società civile”) nel testo dell’edizione del 1976:
“nei momenti di rottura si predica il ritorno alla società civile, come i giusnaturalisti predicavano il ritorno allo stato di natura”
e prosegue con l’affermazione che, siccome la società civile (e cita pure Gramsci) sarebbe lo “insieme degli organismi detti volgarmente privati”, ecco che, secondo Raggi,
“privatizzazione e civismo sono fenomeni che vanno a braccetto”.
Non ci sarà bisogno di essere politologi, né di avere affrontato specifici studi universitari per capire che il civismo e la società civile sono cose del tutto distinte, che la privatizzazione non ha collegamenti con il civismo più di quanti non ne abbia il sistema dei partiti che la Costituzione (art. 49) vede come una delle forme possibili di associazione (privata) per contribuire alla politica e, che, in conclusione, partendo da premesse erronee, non è possibile pervenire a conclusioni che non ne risultino radicalmente viziate.
Anzi sarà il caso di ricordare all’autore dell’articolo che la Corte Costituzionale, dopo avere interpretato in senso estensivo il principio di sussidiarietà orizzontale (che si realizza quando i bisogni sono soddisfatti dai cittadini stessi in forma associata e volontaristica), con la Delibera 8 gennaio 2020 (Modificazioni alle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale) ha consentito per la prima volta alle espressioni organizzate della società civile, cioè alle associazioni (e, dunque, anche ai partiti), di intrattenere una diretta interlocuzione con la Corte stessa attraverso la presentazione di una opinione scritta. Infatti si legge nella delibera: ” .… le formazioni sociali senza scopo di lucro e i soggetti istituzionali, portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione di costituzionalità, possono presentare alla Corte costituzionale un’opinione scritta”. Altro che privatizzazione!
Uscendo poi dai concetti astratti e guardando ai dati concreti, c’è da domandarsi se l’articolista abbia fatto il minimo caso — dato che scrive su un giornale senese — alla storia e ai risultati di queste elezioni amministrative. Qui si sono presentate 6 liste di partito ( FdI, FI, Lega, Azione, M5S e PD) e 16 liste di movimenti e/o gruppi civici; i primi hanno ottenuto in totale al primo turno il 45% dei voti validi mentre le altre liste, non espressione diretta dei partiti, hanno preso il restante 55%. Sappiamo bene che queste liste erano per lo più liste-civetta dei partiti ma ciò non toglie che si siano presentate agli elettori come liste civiche. E, in ogni caso, a Siena, 6.123 elettori, pari al 22,65%, hanno votato per il civismo autonomo e non servile scegliendo il candidato del Polo Civico Siena, Fabio Pacciani.
Guardiamo anche i dati dell’affluenza alle urne. Al primo turno, mentre la media nazionale è stata del 59,03 degli aventi diritto, a Siena, il numero invero esorbitante delle liste civiche ha comportato una maggiore affluenza rispetto alla media di quasi 4 punti percentuali.
Pensa forse Giorgio Raggi, esperto amministratore e studioso della politica, che l’assenza di liste civiche non avrebbe influito pesantemente sul numero dei votanti? Non ha chiaro il Raggi che, rispetto ai tempi — cinquant’anni fa — in cui venne eletto sindaco di Foligno, i partiti non li vuole votare più nessuno.…, che Forza Italia ha preso a Siena 830 voti, la Lega 979, il M5S 393 .… che il PD non è arrivato a 5.000? Non vede Raggi che oggi il civismo, almeno quello che si basa e che rivendica il ruolo di cittadinanza attiva dei cittadini, svolge un ruolo di supplenza dei partiti e di garante della democrazia?
Raggi, dunque, dopo avere sproloquiato sull’assimilazione del civismo alla “privatizzazione” della politica, sproloquia sul carrierismo come se nessuno si fosse accorto, almeno dall’intervista di Berlinguer degli anni 80, che i partiti sono diventati da decenni centri di potere dediti alla spartizione delle cariche, al clientelismo, alla cura di interessi particolari.… Sproloquia inoltre sul presunto carattere “naturale” della società civile, che, correttamente intesa, è invece, molto concretamente, “l’insieme delle relazioni associative, economiche, culturali e sociali intercorrenti nelle società complesse tra i cittadini, che si pone come un reticolo distinto (e talvolta contrapposto) allo Stato e alla società politica”.
A questo punto il Nostro vorrebbe pure sapere con chi staranno le formazioni civiche nel campo competitivo, insomma, si collocheranno col centrosinistra o col centrodestra?
Ora, anche a voler prescindere dal fatto che, pochi mesi fa, il PD non ha voluto mettere in piedi una coalizione di centrosinistra (tanto da indurre gli osservatori a parlare di un bipolarismo asimmetrico con una destra unita e una sinistra frantumata), vorremmo far notare al dottor Raggi che, a Siena, dopo il primo turno vinto da due donne, una di centrosinistra (sedicente) e una di centrodestra (idem) , il Polo Civico, arrivato terzo, non si è limitato a lasciare ai suoi 6.123 elettori piena libertà di voto, ma ha presentato a ciascuna candidata una lista di nove punti programmatici in modo da consentire a ciascuna di impegnarsi sui vari punti; la candidata di centrodestra li ha, seppur genericamente, accolti, quella del PD, ha sprezzantemente affermato che tutti i punti erano già nel suo programma, ribadendo di non avere nulla da cambiare della propria campagna elettorale fondata fino ad allora sulla demonizzazione del civismo… E, infatti, ha perso.
Alla fine Raggi intende negare il civismo affermando che, ogni volta che si mette in piedi un’organizzazione, comunque la si voglia chiamare, saremmo, in verità, di fronte ad un partito; Egli non riesce proprio a capire, forse per il velo sulla realtà politica conseguente alla fin troppo lunga parentesi di manager della cooperazione alimentare, che
la cittadinanza attiva … è già passata … dal suo ambito originario di esperienze diffuse e molteplici di partecipazione civile e di proposta … e si è trasformata .…, in una categoria direttamente politica configurandosi come soggetto politico tout court.
Non vede neppure, come invece ampiamente riconosciuto,
che il sistema della rappresentanza e dei partiti, non essendo più in grado di esprimere la «volontà generale» a causa del deterioramento delle culture politiche e di altri fattori sociologici, devono .. prendere atto .. della realtà, costituzionalmente riconosciuta, che i cittadini hanno autonoma capacità di realizzare gli interesse generali.
Come è stato detto, ci sono dunque due passaggi che richiedono una valutazione di merito: quello in cui si realizza una iniziativa autonoma dei cittadini e quello in cui le istituzioni mettono in campo una politica di favore nei loro confronti. .… chiamandoli ad una partecipazione concreta di coprogrammazione e di coiprogettazione. Che Raggi lo voglia o no è già in corso la narrazione del tramonto della politica intesa come capacità specifica di mediazione dei conflitti e degli interessi particolari e come ricerca dell’interesse generale attraverso l’esercizio della mediazione (il percorso gramsciano dell’egemonia) e della risorgenza della politica nell’agire spontaneo del sociale costituzionalmente orientato e a cui viene affidato un compito immenso: la definizione dell’interesse generale.
E’ quello che taluno ha definito come il Progetto radicale della Costituzione ed è propriamente la risposta che il civismo politico è in grado di dare, non tanto alla politica in sé, quanto ai bisogni e agli interessi comuni. Ed è il terreno denso di novità, ove si misureranno le nuove generazioni.
La sua vita professionale è stata caratterizzata da un partito, mi sembra logico che tenda a difenderlo da chi potrebbe metterlo ( o lo ha già messo) in difficoltà.
A quanto pare , però, molti cittadini la pensano diversamente e sono stufi di quello che sono diventati i partiti.
Anziché attaccare il civismo, soprattutto i partiti di centrosinistra, farebbero bene a guardare al proprio interno e a ripensare a dove hanno fallito, a cosa ha provocato la perdita di fiducia dei cittadini nei loro confronti
Ho letto e riletto l’ articolo di Giorgio Raggi e pur non condividendolo del tutto devo dire che alcune cose sono state centrate. L’ esempio delle Amministrative di Siena appena passate con la bellezza di 23 liste civiche ne è l’esempio. Quante di queste 23 liste sono davvero civiche e quindi espressione dei Cittadini e quante invece nascono magari “camuffate” dai Partiti ? Purtroppo penso come il Raggi che tante di quelle siano un falso civismo, Se poi vogliamo parlare di principi, il Civismo è indubbiamente un’arma vincente per il futuro perchè la gente si è stufata dei Partiti e di questa vecchia politica massomafiosa ma come riconosci la differenza ? Il pericolo è sempre dietro l’ angolo ed in agguato e spesso è camuffato e pilotato così bene da poter volutamente o no far cadere nelle sue trame l’elettore “puro” che crede convintamente ed agogna una Democrazia diretta ed un Governo trasparente.
A parte il fatto molto marginale che le liste civiche sono state 16 e non 23, come si può riconoscere la differenza tra le liste civiche genuine e le liste civetta? Intanto in sede locale le persone si conoscono e si conoscono i loro intenti; ma, poi, il discrimine non potrebbe essere il livello di partecipazione reale? Se una lista si organizza dal basso su basi di democrazia interna e di una condivisione di obiettivi, non si presta ad una facile strumentalizzazione, se, invece, viene organizzata e gestita da un “capo” cui si presta obbedienza, favorisce l’uso servile e il trasformismo.
Caterpeccio.