Mettiamo che, in un qualsiasi luogo della repubblica italiana, i cittadini abbiano rilevato nel tempo e nei fatti che i partiti, inglobati in un macchinoso sistema di potere che qualcuno ha definito un “groviglio armonioso”, sono riusciti a distruggere in pochi anni una ricchezza collettiva accumulata nei secoli. Non fermiamoci al passato, guardiamo al futuro, ci dicono. Bene. Come impedire che succeda ancora?
Mettiamo anche che, per tale motivo, un avvocato penalista, interpretando l’indignazione e lo sconcerto, si sia spacciato per “civico” e, invitando al cambiamento, sia riuscito a vincere le elezioni con il voto determinante dei partiti di destra superando l’avversario al ballottaggio con una differenza di poco più di 300 voti. Come fare perché una cosa simile non si ripeta più in avvenire?
Mettiamo altresì che tale vittoria sia stata propiziata dal fatto che il sindaco precedente, che prometteva cambiamenti radicali, abbia tradito tutte le aspettative che aveva suscitato. Come prevenire , d’ora in poi, una simile evenienza?
Mettiamo infine che l’avvocato-sindaco si sia circondato delle stesse persone che avevano affollato il predetto “groviglio armonioso” e che la sua amministrazione, lungi dal proporre un’organica visione della città, abbia messo insieme una serie infinita di nefandezze che non sono sfuggite ai cittadini attenti ed attivi. In qual modo possiamo impedire che accada di nuovo?
Mettiamo che questi fatti abbiano spinto gli elettori a disertare le urne nelle elezioni suppletive per la Camera dei deputati resesi necessarie perché il parlamentare del territorio ha lasciato il posto per fare il superbanchiere a Milano. Come sostituire fiducia al disincanto in tempi ragionevoli?
Messo insieme tutto questo, cosa dovrebbero fare i cittadini se non organizzarsi in aggregazioni civiche per opporsi non solo e non tanto ai partiti in sé, quanto ad un modo stantio, nocivo e nefasto di fare politica e di governare senza la partecipazione democratica?
E, una volta che si siano organizzati in associazioni formali con organismi dirigenti e adottando il metodo della massima trasparenza e democrazia interna, come evitare di fare le stesse cose dei partiti? quali proposte questi cittadini dovrebbero fare alla città per portarla verso una possibile rinascita? E come arrivare a definire proposte efficaci e credibili?
I cittadini non hanno scuole di formazione, non hanno spin doctor professionisti, le idee non le fornisce il cervello di Minerva, vanno costruite insieme. Come? Prima della pandemia si convocavano le Piazze delle idee e le persone sceglievano i temi, li discutevano, li vedevano pubblicati. Oggi possiamo sollecitare il dibattito e ricorrere al libero confronto a prescindere da chi di volta in volta si fa carico di indicare vie nuove.
Idee in comune le ha raccolte qua e là e non ha inventato niente, le ha analizzate, ha cercato di affinarle e le ha presentate in assoluta umiltà aspettando che altri faccia altrettanto per valutarle, validarle e confrontarle tutte insieme. Con un obiettivo ben preciso: limitare lo strapotere dei partiti e dei gruppi che si dichiarano civici ma pensano e lavorano allo stesso modo e scegliere sindaco (e squadra di governo in senso ampio) che sia convintamente disponibile a cedere ai cittadini singoli ed organizzati, insieme al potere di controllo monitorante, quote consistenti del suo strabordante potere.
Altro metodo, francamente, non riusciamo proprio a trovarlo.
Possibile che non sia possibile trovare cittadini con Talento, Competenze, Esperienza, Onesta’ e Curriculum, indipendentemente dal colore? Forse questi elementi si defilano perché non credono nella possibilità di essere liberi nel loro impegno, ma sempre condizionati dai vari interessi di parte? Perché non li cercate e non li mettete alla prova per poi decidere? Anche perché una volta eletti, è troppo tardi..
Non fa una piega e anche se combattiamo contro i mulini al vento dobbiamo riuscire a dare a questa Città un Governo democratico, cittadino e non servile.
Nella Costituzione italiana, all’articolo 49, cos’ c’è scritto “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. La vita politica pertanto è regolata dalla partecipazione attraverso la vita organizzata dei partiti. Il Parlamento, poi ha sempre rinviato la questione di dotare l’ordinamento nazionale di una legge sui partiti che ne definisse il carattere e i requisiti democratici e organizzativi. Un peccato grave che certo ha reso ancora più flebili i partiti specie nelle lunghe fasi di difficoltà come quella che ancora oggi essi e noi tutti viviamo. Insieme a questa anche l’assenza di un adeguato finanziamento pubblico dei partiti è stato l’altro pugno ad sistema che, a questo punto, possiamo ben dire, che i più vogliono flebile e se nn inconsistente. Perchè non si vuole che i partiti siano forti, organizzati, finanziati, funzionanti? Qui ognuno può dire la sua. A mio avviso si vuole che i partiti siano inconsistenti e casomai di stampo padronale (come nella più diffusa e attuale versione 2.0) perchè così gli interessi privati, il particolarismo, il trasversalismo e tutto il sottobosco corporativo, lobbistico, massoni e delinquenziale (tutti molto organizzati) abbiano così buon gioco. La vittoria di chi non vuole i partiti forti, democratici finanziati e organizzati attualmente è tale da essere anche culturale. Milioni di persone, anzi la stragande maggioranza degli elettori e dei cittadini pensano che i partiti siano robaccia. Così succede che mentre tuti i subalterni e bisognosi che avrebbero bisogno di strumenti forti e organizzati per far valere le loro ragioni e per dare l’assalto alla riscossa sociale, vivono nel buo della disperazione ed anzi son diventati la voce populista del disprezzo verso i partiti stessi. Le lobby sono riuscite a far prevalere la loro idea, che è divenuta egemone: i partiti sono merda, state a casa che è meglio e se proprio volete muovetevi per indignarvi con qualche strumento del momento. Ma niente vita organizzata, niente democrazia. Si afferma così il dominio dei potenti sui subalterni. I subalterni sono dispersi e disorganizzati, i potenti sono organizzatissimi e super finanziati.
Ora voi chiederete: ma che ci racconta questo? Cosa centra con il dibattito proposto qui sopra da Idee in Comune? Ebbene c’entra eccome! Spingere per affermare una forma di partecipazione civica è buona cosa specie se questo è veicolo per accorciare le distanze tra disimpegno e partecipazione politica! E’ un bene anche nei momenti di difficoltà dei partiti! Ma attenzione quando questo diventa il tratto costante di un sistema di partecipazione si rischia di fare la fine del sud del nostro paese. Un sud che conosco molto bene e che non a caso da oltre quarant’anni pratica le forme di partecipazione “civica” anziché quelle di natura politico/partitica. Ed infatti ne vediamo i risultati. Anche qui da noi, qui a Siena, possiamo già fare qualche bilancio su alcune liste civiche che in questo ultimo decennio (ma se volete anche prima) si sono presentate. Nessuna di queste alla prova dei fatti (e delle scelte) ha retto all’urto delle necessità e all’usura del tempo. La lista fatela mentalmente voi e vedrete che i conti vi tornano tutti. Perchè le liste civiche hanno il buono di sollevare un impegno, ma hanno il male di mettere insieme il diavolo e l’acqua santa. Soprattutto non hanno regole, idealità e collante ideologico (nell’accezione vera e dunque nobile del termine, ovvero visione dettata dalle idee). Soprattutto, in questi ultimi anni, anche a Siena sono diventate il veicolo della palude politica: troppo spesso sulla è chiaro al loro interno. Questo da una parte tiene insieme e accoglie, ma è anche l’elemento che devasta nei momenti delle decisioni importanti. Oggi è difficile tenere la barra dritta dentro i partiti ove comunque vivono (ove più ove meno) regole, statuti, momenti congressuali ove si rende conto, si presentano le opzioni e si eleggono democraticamente gli organi dirigenti. Nelle formazioni civiche si parte sempre con tanto entusiasmo poi, alla prova dei fatti, o ci si dissolve o ci si divide. La partecipazione e la democrazia politica anche nei contesti locali e per le consultazioni comunali, non s’inventa né si improvvisa. Servono un gran lavoro di ascolto, elaborazione, definizione delle regole, selezione delle idee, organizzazione, selezione dei gruppi dirigenti e un continuo, costante impegno per far girare l’ingranaggio complesso che tutto ciò fa girare. Dovremmo tutti lavorare per far tornare i Partiti politici al centro della vita politica e da l’ì frenare i gruppi organizzati e tutti il privato che oggi domina le vicende comuni e si divora tutto ciò che c’è di bene comune. Si può anche stare dentro qualche esperienza civica, provvisoriamente, certo, perché no! Ma come supplenza momentanea! Se questa cosa diventa costante si trasforma in patologia, come vediamo in tanta parte del paese. Stare nelle formazioni civiche però richiede già dall’inizio un di più di chiarezza tra le persone che vi partecipano: sugli ideali, sugli interessi, sulle finalità, sui programmi e sui progetti. Non è facile. Quasi mai ci si riesce. Lo dico per esperienza. Vedo anche anche voi andando avanti esaltata le aggettivazioni “non servile” che vuol dire tutto e niente a mio avviso. ma denota comunque la preoccupazione di definire un “recinto” comune, di fare selezione sulle finalità. Una aggettivazione che a mio parere non basta per niente. Ma non è il mio campo quello che volete coltivar voi. Pertanto vi seguo e partecipo per quel che posso, dicendovi cosa ne penso. Come ho detto altre volte anche su questo blog, sevirebbe una sede ove mettere insieme tutto il campodei progressisti per vedere se dall’analisi della situazione fino al progetto, al programma e alla squadra si trovano le forze e le assonanze giuste per dare vita ad una alternativa progressista ed ecologista per vincere e governare bene. Vedo che invece ogni frasca pensa di essere un covone. Così procedendo, ognun per sé, farete vincere (anche voi) quelli dell’altro campo. Senza la voglia di metterci insieme, di confrontarci alla luce del sole, senza la disponibilità ad ascoltare e ad essere gregari non si andrà da nessuna parte davvero. Può darsi che qualcuno troverà il vettore giusto al quale agganciarsi! Magari per qualche sotto-interesse particolare e qualche piccola e personale velleità! Ma per per la rinascita di Siena democratica, progressista ed ecologista siamo ancora molto lontani. Anzi, non abbiamo neppure cominciato a camminare. Buon lavoro.
Spiace molto dover rilevare che proprio la persona che è stata per anni e con merito promotore e leader delle attività del Centro Civico di S. Miniato e del Comitato di cittadini (cui mi onoro di aderire) oggi chiuso dai partiti di destra, ci rappresenti un’altra tiritera partitocratica richiamando tutti sotto le bandierine svolazzanti dei partiti di centrosinistra, tuttora men che autoriformati neppure sufficientemente autocritici, sulla base del falso assunto secondo cui la Costituzione, che ha norme numerose sulla partecipazione, sugli istituti di democrazia diretta e pure sulla sussidiarietà, imporrebbe di partecipare solo attraverso l’opera esclusiva dei partiti, erroneamente visti come unici strumenti per l’esercizio della democrazia.
Luciano Peccianti
Riconosco a Roberto Beligni una chiarezza espositiva e una capacità di analisi che ascolto sempre volentieri e tengo in grande considerazione. Tuttavia non mi trovo d’accordo con l’ultimo suo commento. E’ vero che “alcune” esperienze civiche si sono dimostrate “strumentali”, ben lontane da un quadro valoriale definito e coerente, spesso “spentesi” all’indomani dell’esito elettorale, molte volte appannaggio di interessi — diciamo — “di scopo”, poco legati ad una visione generale. Tuttavia esistono anche — da moltissimo tempo ormai — realtà di associazionismo civico e militante che hanno dimostrato sul campo (e direi con pieno merito) la bontà di battaglie spese nell’interesse della collettività attraverso azioni concrete, fatte da organizzazioni strutturate (con statuti, organi direttivi, etc..), seppur di stampo “non partitico”. Circostanze note — spero — allo stesso Roberto.
Del resto è impossibile affidare ad un commento una discettazione esauriente sul tema “partiti si o partiti no?”.
Tuttavia riscontro nel commento di Roberto Beligni più argomenti disgregativi che unificanti per una prospettiva di stampo progressista. Dirò di più : un classico esempio di eterogenesi dei fini. Di sicuro serve un dibattito, ampio e una sintesi – questa si! – che chiariscano bene le modalità di governo (il famoso ‘metodo’) a cui ognuno aspira, danno VERI E CONCRETI STRUMENTI DI MONITORAGGIO E CONTROLLO ai Cittadini, spesso “gabbati” il giorno dopo l’esito delle elezioni. Storia vecchia, si sa…ma non è detto che non debba essere riscritta… in qualche modo, in qualche forma…